ANGELI, conoscenza dei singolari (2, 98; 3, 49)

(II, 98) In che modo una sostanza separata conosce l’altra

Se è vero che le sostanze separate conoscono, come abbiamo visto [c. 96], le realtà intelligibili per se stesse, e che le sostanze separate sono intelligibili in tal modo poiché l’immunità dalla materia rende qualsiasi cosa intelligibile per se stessa [c. 82; cf. I, c. 44], ne viene che le sostanze separate intendono, come loro oggetto proprio, le sostanze separate. Ciascuna quindi conoscerà se stessa e le altre […], e conosce se stessa mediante la propria essenza, non mediante la specie delle altre.

(III, 49) Le sostanze separate non vedono Dio per essenza, in quanto lo conoscono attraverso la loro essenza

Ogni essere creato rientra nei limiti di un genere, o di una specie. L’essenza divina invece è illimitata, abbracciando tutte le perfezioni dell’essere, come abbiamo visto nel Primo Libro (cc. 28 e 43). È quindi impossibile che qualcosa di creato veda l’essenza divina. Tutte le specie intelligibili con le quali è possibile intendere l’essenza di una cosa abbracciano ed esauriscono la cosa che rappresentano: infatti le espressioni che indicano l’essenza le chiamiamo termini o definizioni. Ora, è impossibile che un’immagine creata rappresenti Dio nella sua totalità, poiché ogni immagine creata è limitata a un genere determinato; non così invece Dio, come abbiamo visto [I, cc. 28 e 43]. Non è dunque possibile che l’essenza divina sia conosciuta mediante un’immagine creata.

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