(III, 107) Le sostanze intellettive di cui si servono le arti magiche non sono cattive per natura
A ciò a cui una certa cosa tende naturalmente, essa non tende accidentalmente (per accidens), ma direttamente (per se), come un corpo pesante verso il basso. Se quindi le suddette sostanze intellettive fossero cattive per natura, tenderebbero al male naturalmente. Quindi non per accidens ma per se. Ciò però è impossibile, poiché sopra [cc. 3 ss.] abbiamo dimostrato che tutte le cose per se tendono al bene, e nessuna tende al male se non per accidens. Di qui il titolo. Ogni ente possiede il proprio essere secondo la modalità della sua natura. Ora l’essere, in quanto tale, è buono, e ne è segno il fatto che «tutte le cose desiderano il bene». Se quindi tali sostanze secondo la loro natura fossero cattive nessuna di esse avrebbe l’essere. – E così di seguito.
(III, 108) Ragioni che sembrano dimostrare che non ci può essere peccato nei demoni
[n. 3]. Nessuna potenza conoscitiva si inganna circa il proprio oggetto, ma solo circa oggetti estranei […]. Ora, l’oggetto proprio dell’intelletto è la quiddità, o essenza, delle cose. Quindi nell’intelletto non può verificarsi l’errore se esso percepisce solo la quiddità, ma tutti gli inganni derivano dal fatto che l’intelletto apprende le forme delle cose confuse con i dati della fantasia, come accade in noi. Ma tale modo di conoscere non esiste nelle sostanze intellettive non unite al corpo, poiché i fantasmi, cioè le immagini della fantasia, non possono esistere senza il corpo. Perciò non è possibile che alle sostanze separate accada un errore nella conoscenza. Quindi neppure un peccato nella volontà. [n. 7]. È evidente che una sostanza incorporea è più immune da difetti che una sostanza corporea. Però nelle sostanze corporee prive di elementi fra loro contrari, ossia nei corpi celesti, non può verificarsi alcun difetto. Quindi molto meno può verificarsi un peccato volontario nelle sostanze separate [angeli], lontane da ogni contrarietà, materialità e moto, da cui sembra che possano derivare dei difetti.
(III, 109) Quale sia il peccato dei demoni
Che nei demoni ci sia il peccato volontario è evidente in base ai testi della Scrittura. Si dice infatti in 1Gv 3,3 che «il diavolo pecca fin dal principio», e in Gv 8,44 che è «menzognero e padre della menzogna». Ancora, Sap 2,2: «La morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo» […]. In qualsiasi volente che non sia Dio può verificarsi un peccato volontario, se lo si considera nella sua natura. Infatti, sebbene si trovi in ciascun volente l’inclinazione naturale della volontà a volere e amare la propria perfezione, così da non poter volere il contrario, tuttavia non gli è innato naturalmente di ordinare la sua perfezione a un altro fine senza poter venire meno: poiché un fine superiore non è proprio della sua natura, ma di una natura superiore. Perciò è lasciato al suo libero arbitrio di ordinare la sua perfezione a un fine superiore: infatti gli esseri dotati di volontà differiscono da quelli che ne sono privi per il fatto che quelli dotati di volontà ordinano se stessi al fine, e per questo sono detti liberi; quelli invece che sono privi di volontà non ordinano se stessi al fine, ma vi sono ordinati da un agente superiore, come portati al fine da altri, e non da se stessi. Perciò nella volontà di una sostanza separata ci poté essere il peccato per il fatto che essa non ordinò all’ultimo fine il bene proprio e la propria perfezione, ma aderì al proprio bene come se si trattasse del fine (ultimo) […]. Così dunque va intesa l’affermazione che il demonio «desiderò l’uguaglianza con Dio» [Is 14,4]. E così è ben detto che il primo peccato del diavolo fu la superbia.
(III, 110) Soluzione delle argomentazioni presentate
Non è difficile risolvere le difficoltà presentate nel capitolo 108. [n.n. 1, 2, 3, 4]. Non siamo obbligati ad affermare che nell’intelletto delle sostanze separate ci sia stato l’errore di ritenere un bene ciò che non lo era, ma solo quello di non considerare il bene superiore al quale bisognava riferire il proprio bene. E questa non-considerazione poteva essere motivata dalla volontà intensamente rivolta al proprio bene: la volontà infatti è libera di volgersi a una cosa o a un’altra. [n. 7]. Dal fatto che non ci può essere alcun difetto nei corpi celesti non segue che non ci possa essere nelle sostanze separate […]. Poiché le sostanze razionali, o intellettive, non soltanto sono guidate [come anche i corpi celesti], ma guidano se stesse ai loro atti […]. Perciò la perfezione della natura non impedisce che il peccato possa verificarsi nei demoni nel modo suddetto: cioè per il fatto che, attaccandosi a se stessi, non considerano l’ordine della causa superiore.