(II, 73) L’intelletto possibile non è unico per tutti gli uomini
L’intelletto è unito sostanzialmente al corpo umano come forma. Ora, è impossibile che un’unica forma appartenga a più di una materia, poiché l’atto proprio si attua nella propria materia, essendoci proporzione reciproca. Dunque … Non è possibile che l’anima di un cane entri nel corpo di un lupo, o che l’anima di un uomo abiti in un corpo diverso da quello umano. Ora, la medesima proporzione che esiste fra l’anima umana e il corpo umano, esiste pure tra l’anima di questo uomo e il corpo rispettivo. Quindi non è possibile che l’anima di questo uomo entri in un corpo che non sia quello di questo uomo. Ora, l’anima di questo uomo è quella con la quale egli intende, poiché secondo Aristotele [1 De anima, c. 4, n. 12]: «L’uomo intende mediante l’anima». Quindi non è unico l’intelletto di questo e di quell’uomo.
(II, 74) L’opinione di Avicenna, secondo il quale nell’intelletto possibile non si conservano le specie intellegibili
Quanto è ricevuto, lo è alla maniera del ricevente. Ora, l’essere dell’intelletto possibile è più solido dell’essere della materia corporea. Quindi, dato che secondo Avicenna le forme che l’intelletto agente imprime nella materia corporea possono conservarsi in essa, tanto più potranno conservarsi nell’intelletto possibile. La conoscenza intellettiva è più perfetta di quella sensitiva. Ora, in quella sensitiva c’è qualcosa che conserva le cose conosciute, quindi a maggior ragione ci sarà nella conoscenza intellettiva.
(II, 75) Soluzione delle argomentazioni che sembrano dimostrare l’unicità dell’intelletto possibile
Risposta alla seconda argomentazione. Per avere un dato intelligibile unico non è necessario che la specie intelligibile sia unica per due soggetti intelligenti distinti […], ma basta che essa sia immagine dell’unica e identica cosa […]. Dunque la conoscenza universale dell’intelletto non esclude che le specie intelligibili siano diverse secondo i diversi soggetti. Risulta poi evidente la soluzione della terza argomentazione. L’affermazione che la scienza del discepolo è numericamente identica a quella del maestro è in parte vera e in parte falsa. È identica infatti per l’oggetto della conoscenza, ma non lo è né per le specie intelligibili con le quali si conosce, né per l’abito della scienza. E tuttavia non ne segue che il maestro causi la scienza nel discepolo come il fuoco genera il fuoco, poiché il modo in cui produce la natura non è identico a quello dell’arte. Il fuoco infatti genera il fuoco fisicamente, conducendo la materia dalla potenza all’atto della propria forma; il maestro invece causa la scienza del discepolo con i procedimenti dell’arte.
(II, 76) L’intelletto agente non è una sostanza separata, ma una facoltà dell’anima
Essendo il principio attivo e quello ricettivo proporzionati fra loro, bisogna che a ogni principio passivo corrisponda il proprio principio attivo. Ora, l’intelletto possibile sta all’intelletto agente come il proprio principio passivo o ricettivo […]. Se quindi l’intelletto possibile è una facoltà dell’anima umana, moltiplicata secondo il numero degli individui, tale sarà pure l’intelletto agente, e non già unico per tutti. L’intelletto agente rende intelligibili le specie non per intenderle esso stesso […], ma perché con esse intenda l’intelletto possibile. Perciò deve renderle tali quali si richiedono per l’intellezione di quest’ultimo. D’altra parte non può renderle se non quale è esso stesso, poiché «ogni agente produce cose a sé consimili» [De gen. Et corr. 1, c. 7, n. 6]. Dunque l’intelletto agente è proporzionato all’intelletto possibile, che è una facoltà dell’anima. Dal che deriva che l’intelletto agente non potrà essere una sostanza separata.
(II, 77) Non è impossibile che l’intelletto possibile e l’intelletto agente si trovino insieme nell’unica sostanza dell’anima
Forse a qualcuno può sembrare assurdo che un’unica e identica sostanza, ossia la nostra anima, sia in potenza a tutti gli intelligibili, il che spetta all’intelletto possibile, e insieme li renda attuali, compito che spetta all’intelletto agente: poiché nulla agisce in quanto è in potenza, ma in quanto è in atto. Quindi potrà sembrare che l’intelletto agente e quello possibile non possano trovarsi insieme nell’unica sostanza dell’anima. Se però si guarda bene, non ne segue nulla di assurdo o di difficile. Infatti nulla impedisce che una realtà, rispetto a una data cosa, sotto un aspetto sia in potenza e sotto un altro in atto, come si riscontra nel mondo fisico. L’aria, p. es., è umida in atto e secca in potenza, e per la terra è vero il contrario.
(II, 78) Secondo il pensiero di Aristotele l’intelletto agente non è una sostanza separata, ma piuttosto qualcosa dell’anima
Infatti egli dice espressamente che gli intelletti possibile e agente sono «differenze dell’anima», e sono «nell’anima». Perciò nessuno dei due è una sostanza separata. E ciò si può dimostrare con molti altri suoi testi ugualmente espliciti.