DIO, volontà (1, 72-88)

(I, 72) Dio è dotato di volontà

A ogni ente spetta l’appetito della propria perfezione e della propria conservazione […]. Ora, al primo ente, che è Dio, esso non può mancare. Perciò, essendo egli dotato di intelligenza, deve avere la volontà, con la quale si compiace del proprio essere e della propria bontà. L’intellezione, quanto più è perfetta, tanto più è piacevole per chi intende. Ora, in Dio l’intellezione è perfettissima, come abbiamo dimostrato [cc. 44,45]. Dunque intendere, per lui, è cosa piacevolissima. D’altra parte il piacere di ordine intellettivo si ha mediante la volontà, come il piacere sensibile si ha mediante l’appetito concupiscibile. Quindi in Dio c’è la volontà.

(I, 73) La volontà di Dio è la sua essenza

A Dio spetta volere in quanto realtà intelligente come si è mostrato sopra [c. 44]. Ora, secondo le spiegazioni date, egli intende mediante la sua essenza. Perciò vuole allo stesso modo. Dunque la volontà di Dio si identifica con la sua essenza. Come l’intendere è la perfezione del soggetto intelligente, così il volere è la perfezione di quello volente. Ora, l’intendere di Dio si identifica con il suo essere [c. 45]. Così dunque anche il volere di Dio è il suo essere. Quindi anche la volontà di Dio è la sua essenza.

(I, 74) L’oggetto principale del volere divino è l’essenza di Dio

L’oggetto della volontà, come si è visto [c. 72], è il bene intellettualmente conosciuto. Ora, ciò che Dio principalmente così conosce è l’essenza divina, secondo le conclusioni dimostrate [c. 44]. Dunque l’essenza di Dio è l’oggetto principale della volontà divina. Siccome però l’essenza divina si identifica con l’intellezione di Dio e con tutte le altre cose che si riscontrano in lui, è evidente che principalmente egli vuole anche la propria intellezione, il proprio volere, la propria unità e ogni altra cosa del genere.

(I, 75) Volendo se stesso, Dio vuole anche le altre cose

Chi vuole principalmente il fine, vuole anche le cose che servono per raggiungerlo. Ora, il fine ultimo delle cose è Dio stesso, come abbiamo visto in un certo modo [c. 74]. Del fatto quindi che egli vuole il proprio essere, vuole anche le altre cose che sono ordinate a lui come al loro fine. Dio, nel volere se stesso, vuole tutto ciò che si trova in lui. Ora in lui, come abbiamo dimostrato [c. 54], preesistono in un certo modo, mediante le loro idee o nozioni, tutte le cose. Quindi Dio, volendo se stesso, vuole anche le altre cose.

(I, 76) Dio vuole se stesso e le altre cose mediante un unico atto di volontà

Siccome Dio vuole ogni altra cosa avendo per fine se stesso, come abbiamo appena visto, vuole se stesso e le altre cose con un unico atto di volontà. In ogni atto di volontà l’oggetto voluto si rapporta al volente come il movente al mosso. Se dunque ci fosse un atto della volontà di Dio con cui egli vuole le cose distinte da lui diverso dalla volizione con cui vuole se stesso, ci sarebbe qualcosa di distinto da lui capace di muovere la volontà di Dio. Il che è assurdo.

(I, 77) La molteplicità delle cose volute non è incompatibile con la semplicità di Dio

Gli atti si distinguono esattamente come gli oggetti. Se quindi la pluralità delle cose volute implicasse in Dio una pluralità (oggettiva), ne seguirebbe che in lui l’atto volitivo non è unico. Il che è contro quanto abbiamo dimostrato [c. 76]. L’intelletto e la volontà di Dio hanno una uguale semplicità, poiché l’uno e l’altra si identificano con l’essenza divina. Ora, la pluralità delle cose conosciute non produce molteplicità nell’essenza di Dio, né composizione nel suo intelletto. Dunque neppure la molteplicità delle cose volute produce variazioni nell’essenza di Dio, o composizione nella sua volontà.

(I, 78) Se la volontà di Dio si estenda ai singoli beni

La volontà di Dio si esercita sulle cose in quanto esse partecipano più o meno alla bontà divina, che muove Dio a volere. Ora, dalla bontà divina derivano non solo la bontà e l’essere delle cose nella loro universalità, ma anche la bontà e l’essere di ognuna di esse. Perciò la volontà di Dio si estende ai singoli beni. Il bene conosciuto, come tale è anche voluto (cf. c. 72). Ora, Dio conosce anche i beni particolari, come abbiamo dimostrato [c. 65]. Quindi Dio vuole anche i beni particolari. Ciò viene confermato dalla Scrittura (Gen 1). Per le singole opere: «Vide Dio che la luce era buona», e così per le altre opere. Finalmente per tutte le opere insieme: «Vide Dio tutte le opere sue, ed erano molto buone»

(I, 79) Dio vuole anche le cose tuttora inesistenti

Il rapporto stabilito dalla volontà divina è con le cose esistenti nella loro propria natura in un dato tempo, e non solo in quanto si trovano in Dio che le conosce. Quindi Dio vuole che le cose che ancora non esistono, esistano in un dato tempo, e non si limita a volerle quale oggetto di conoscenza.

(I, 80) È per necessità che Dio vuole il proprio essere e la propria bontà

Tutte le cose in quanto esistono amano a loro modo il loro essere. Molto più dunque per sua natura amerà il proprio essere Dio. Ora, la natura divina è una realtà necessaria, come abbiamo dimostrato sopra [c. 13]. Dunque è per necessità che egli vuole il proprio essere. Ogni perfezione e bontà che si trova nelle creature, compete a Dio essenzialmente [cf. c. 28]. Ora, amare Dio è la perfezione somma della creatura ragionevole, poiché così essa in qualche modo si unisce a Dio. Perciò tale amore è in Dio in maniera essenziale. Quindi per necessità egli ama se stesso, e così vuole il proprio essere.

(I, 81) Dio vuole tutte le altre cose non per necessità

Poiché la bontà di Dio può esistere anche senza le altre cose, che anzi non gli aggiungono nulla, non c’è nessuna necessità per Dio di volere le altre cose per il fatto che egli vuole la propria bontà. Le cose derivano da Dio, come vedremo in seguito [Lib. II, c. 24], come i manufatti dall’artigiano. Ora l’artigiano, sebbene voglia la propria arte, tuttavia non vuole necessariamente la produzione dei manufatti. Quindi neppure Dio vuole per necessità l’esistenza delle cose.

(I, 82) Argomenti che sembrano rendere inaccettabile la tesi che Dio vuole le cose non necessariamente

Se la volontà di Dio non fosse determinata sarebbe in potenza. – Inoltre sarebbe variabile. – Se volere qualcosa circa gli esseri da lui causati è per Dio naturale, è anche necessario. Risposta: la disponibilità a più alternative mostra l’eminenza di una facoltà; e non ne segue la mutabilità; e neppure l’innaturalità.

(I, 83) Dio vuole certe cose per necessità ipotetica

In assoluto Dio non vuole per necessità nessuna cosa, ma alcune le vuole per necessità ipotetica. Per esempio se vuole una cosa non può non volerla [in senso composito].

(I, 84) Dio non può volere cose intrinsecamente impossibili

Qualsiasi cosa infatti che sia incompatibile con la nozione di ente esclude la somiglianza col primo ente, cioè con Dio, che è la fonte dell’essere. Quindi Dio non può volerla. La volizione ha per oggetto il bene intellettualmente conosciuto. Quindi ciò che non può essere concepito dall’intelletto non può essere voluto dalla volontà. Quindi Dio non può volerlo.

(I, 85) La volontà di Dio e la contingenza e non necessità delle cose

Dio vuole tutto ciò che la cosa voluta richiede, e per certe cose che siano contingenti e non necessarie […]. Quindi l’efficacia della volontà divina non toglie la contingenza. – La perfezione dell’universo richiede che ci siano delle realtà contingenti. Quindi Dio vuole che certe cose siano contingenti. Se Dio vuole una cosa, non ne segue che questa avvenga per necessità, ma soltanto che sia vera e necessaria la condizionale: «Se Dio vuole una cosa, essa si compirà». Ma ciò non la rende necessaria [in sé].

(I, 86) Si può assegnare la ragione del volere di Dio

Possiamo assegnare tre ragioni ordinate così, [prendendo l’esempio dall’uomo]: Dio vuole che l’uomo abbia la ragione per esistere come uomo; vuole che esista l’uomo per la perfezione dell’universo; vuole che esista il bene dell’universo perché ciò si addice alla propria bontà.

(I, 87) Nulla può essere causa del volere di Dio

Infatti la causa del volere è il fine. Ora, il fine della volontà di Dio non è altro che la propria bontà. Perciò la causa del volere di Dio è questa stessa bontà, che si identifica col suo volere.

(I, 88) In Dio c’è il libero arbitrio

Si parla di libero arbitrio rispetto a quelle cose che uno vuole non per necessità, ma per propria spontaneità […]. Ora, le cose che non sono lui stesso Dio le vuole non per necessità, come abbiamo visto [c. 81]. Dunque a Dio compete il libero arbitrio. Per il fatto che ha il libero arbitrio, si dice che l’uomo è padrone dei propri atti. Ora, ciò appartiene soprattutto alla causa prima, il cui atto non dipende da nessun altro. Quindi …

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