(III, 2) Ogni agente agisce per un fine
Questo fine può essere o l’azione stessa, o il prodotto causato dall’azione. Tutti gli esseri che agiscono, agiscono o per natura o per intelletto […]. Ora, come chi agisce per intelletto tende con la sua azione a un fine determinato, così vi tende anche l’essere che agisce per natura.
(III, 17) Tutte le cose sono ordinate a un unico fine, che è Dio
Se è vero che nessuna cosa tende a un oggetto come al suo fine se non in quanto è un bene, bisogna che il bene in quanto bene sia un fine. Perciò colui che è il sommo bene sarà massimamente il fine di tutte le cose. Ora, il sommo bene è uno soltanto, ed è Dio, come abbiamo visto nel Primo Libro (c. 42). Quindi vale il titolo. In ciascun genere di cause la causa prima è più causa della causa seconda […]. Bisogna quindi che quell’essere che è la causa prima nell’ordine delle cause finali sia causa finale più della causa finale immediata. Ora, Dio è la causa prima nell’ordine delle cause finali, essendo il sommo nell’ordine dei beni. Dunque egli è fine di ciascuna cosa più di qualsiasi fine immediato. Di qui le parole di Pr 16,4: «Tutte le cose il Signore le ha fatte per se stesso»; e di Ap 22,13: «Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo».
(III, 18) In che modo Dio è il fine di tutte le cose
Dio non può essere il fine di tutte le cose come qualcosa di prodotto [è il caso dell’artigiano], ma solo come qualcosa di preesistente da conseguire. Dio non agisce per conseguire, ma per elargire. Infatti, essendo in atto, non può che elargire. Le cose dunque sono ordinate a Dio non come a un fine a cui apportare qualcosa, ma come oggetto da ottenere a suo modo da lui stesso, essendo egli stesso il fine.
(III, 25) La conoscenza di Dio è il fine di tutte le sostanze intellettive
L’unione con Dio è più stretta per il fatto che un essere ne raggiunge in qualche modo la sostanza, il che avviene quando si conosce qualcosa della sostanza divina, piuttosto che per il fatto che se ne acquista una certa somiglianza. Dunque le sostanze intellettive tendono come al loro ultimo fine alla conoscenza di Dio. – Per quanto poco l’intelletto possa conoscere di Dio, questo poco costituisce per esso l’ultimo fine più che la conoscenza perfetta degli intelligibili di grado inferiore. La filosofia prima, o metafisica, è ordinata interamente alla conoscenza di Dio come al suo ultimo fine, cosicché viene denominata [da Aristotele] «scienza divina» [cf. 1 Met, c. 2, n. 10]. Di qui il titolo. «Il fine e il bene dell’intelletto è la verità» [2 Et., c. 2, n. 3]: quindi conoscere la prima verità, che è Dio, è il fine ultimo di tutto l’uomo, di tutte le sue azioni e di tutti i suoi desideri. – E così via.