La fortezza
Articolo 1
Se la fortezza sia una virtù
La fortezza è una virtù, in quanto rende l’agire dell’uomo conforme alla ragione.
Articolo 2
Se la fortezza sia una virtù specificamente distinta
In quanto implica una certa fermezza d’animo la fortezza è una virtù generale, o piuttosto una condizione di tutte le virtù […]. – Secondo, la fortezza può essere presa nel senso di fermezza d’animo nel sopportare e nell’affrontare circostanze in cui è sommamente difficile rimanere fermi, come accade in certi pericoli più gravi […]. E presa in questo senso la fortezza è una virtù specifica.
Articolo 3
Se la fortezza abbia per oggetto il timore e l’audacia
La fortezza ha per oggetto il timore e l’audacia, reprimendo il primo e moderando la seconda.
Articolo 4
Se la fortezza abbia per oggetto solo i pericoli di morte
La virtù della fortezza ha per oggetto il timore dei pericoli di morte.
Articolo 5
Se la fortezza si eserciti propriamente nei pericoli di morte dovuti alla guerra
La fortezza si esercita propriamente nei pericoli di morte dovuti alla guerra.
Articolo 6
Se l’atto principale della fortezza sia il resistere
L’atto principale della fortezza non è l’aggredire, ma il resistere, cioè il restare fermi nei pericoli.
Articolo 7
Se chi è forte agisca per il bene della propria virtù
Il forte mira come a suo fine prossimo a esprimere nell’atto la somiglianza della propria virtù. Il suo fine remoto invece è la beatitudine, cioè Dio.
Articolo 8
Se l’uomo forte provi piacere nel proprio atto
Il forte, da una parte, cioè secondo il godimento spirituale, ha ciò di cui rallegrarsi, vale a dire il compimento dell’atto virtuoso e la prospettiva del fine; dall’altra invece ha ciò di cui dolersi, sia spiritualmente, nel considerare la perdita della propria vita, sia corporalmente […].
Ora, il dolore sensibile del corpo impedisce di sentire il godimento spirituale della virtù, a meno che la sovrabbondanza della divina grazia non sollevi l’anima alle cose di Dio, dove essa trova la sua gioia, più fortemente di quanto essa sia afflitta dai dolori del corpo […]. La virtù della fortezza fa sì che la ragione non venga sopraffatta dai dolori fisici. Il godimento della virtù vince poi la tristezza sensibile: inquantoché uno preferisce la virtù alla vita corporale e ai beni annessi.
Articolo 9
Se la fortezza si eserciti specialmente nei casi improvvisi
Dal lato dell’inclinazione e della scelta della virtù la fortezza non riguarda i casi improvvisi […]. Dal lato invece della manifestazione dell’abito virtuoso la fortezza si mostra specialmente nei casi repentini.
Articolo 10
Se l’uomo forte nel suo agire possa servirsi dell’ira
Il forte nel suo agire si serve dell’ira, però di quella moderata, non già di quella sregolata.
Articolo 11
Se la fortezza sia una virtù cardinale
La fortezza è una virtù cardinale.
Articolo 12
Se la fortezza sia la più eccelsa delle virtù
Tra le virtù cardinali la principale è la prudenza; la seconda la giustizia; la terza la fortezza; la quarta la temperanza. E al seguito di esse tutte le altre virtù.
Il martirio
Articolo 1
Se il martirio sia un atto di virtù
Il martirio è un atto di virtù.
Articolo 2
Se il martirio sia un atto della fortezza
Il martirio è un atto della fortezza.
Articolo 3
Se il martirio sia l’atto umano più perfetto
Secondo la specie propria è impossibile che il martirio, che consiste nel subire virtuosamente la morte, sia il più perfetto fra gli atti di virtù.
In quanto invece è connesso con il suo primo movente, che è l’amore di carità, fra gli atti umani il martirio è il più perfetto nel suo genere, quale segno della più ardente carità.
Articolo 4
Se la morte sia essenziale al martirio
La perfetta nozione di martirio esige che uno per Cristo affronti la morte.
Articolo 5
Se soltanto la fede possa essere la causa del martirio
Tutte le azioni virtuose, in quanto si riferiscono a Dio, sono altrettante protestazioni di fede: di quella fede per cui veniamo a sapere che Dio vuole da noi quelle opere buone, e che ci ricompenserà per esse. E in questo senso tali opere possono essere causa di martirio.
La viltà, o paura
Articolo 1
Se la viltà, o paura, sia un peccato
Quando la volontà fugge un male che la ragione detta di sopportare per non abbandonare un bene che deve essere perseguito, allora si ha un timore disordinato, che è peccaminoso. Quando invece la volontà per paura abbandona ciò che secondo la ragione deve essere fuggito, allora l’atto non è disordinato, e non è un peccato.
Articolo 2
Se il peccato di timore, o di viltà, si contrapponga alla fortezza
Si dice, per antonomasia, che il timore, o viltà, si contrappone alla fortezza.
Articolo 3
Se la viltà sia un peccato mortale
Il disordine della paura talora si limita all’appetito sensitivo, e allora non può essere un peccato mortale, ma solo veniale. – Talora invece tale disordine scuote anche l’appetito razionale, o volontà […]. E tale disordine è un peccato a volte mortale, a volte veniale.
Articolo 4
Se la paura scusi dal peccato
Se uno, per sfuggire un male che secondo la ragione merita di essere fuggito maggiormente, non si sottrae a mali meno gravi, non commette peccato […].
Se uno invece, per fuggire vilmente dei mali che secondo la ragione sono più intollerabili, incorre in mali che secondo la ragione sono meno da rifuggire, non può essere scusato totalmente dal peccato […]. Tuttavia la sua colpa è minore, poiché ciò che è compiuto per paura è meno volontario.
L’insensibilità al timore
Articolo 1
Se l’insensibilità al timore sia un peccato
Essere insensibili al timore non è un vizio: sia che ciò derivi da mancanza di amore, sia che derivi da alterigia o da stoltezza; la quale ultima, tuttavia, se è invincibile, scusa del peccato.
Articolo 2
Se l’insensibilità al timore sia contraria alla fortezza
L’insensibilità al timore si contrappone alla fortezza per difetto di paura, in quanto cioè non si teme ciò che va temuto.
L’audacia, o temerarietà
Articolo 1
Se l’audacia, o temerarietà, sia un peccato
L’audacia, intesa come eccessiva, è un peccato.
Articolo 2
Se l’audacia sia contraria alla fortezza
Il vizio dell’audacia implica un eccesso della passione omonima, per cui si oppone alla virtù della fortezza.