(II, 31) Non è necessario che le creature siano sempre esistite
L’esistenza delle creature non è necessaria in modo assoluto. Quindi non è necessario affermare che il creato è sempre esistito. Dio produce le cose non per necessità di natura, ma per libera volontà [cf. c. 23]. Quindi non è necessario in modo assoluto che la creatura esista. Quindi neppure è necessario che sia sempre esistita.
(II, 32) Le ragioni di quanti vogliono dimostrare l’eternità del mondo partendo da Dio
[n. 1] Dio è assolutamente immobile, quindi agisce sempre allo stesso modo. Ora, al suo agire le creature devono l’esistenza. Quindi sono sempre esistite. – [n. 2] L’effetto procede dalla propria causa mediante l’azione di questa. Ora, l’azione di Dio è eterna. Quindi le cose sono state create dall’eternità. [n. 3] La bontà di Dio è infinita. Spetta dunque ad essa comunicarsi all’infinito, e non solo in un determinato tempo. Perciò sembra doversi attribuire alla bontà divina l’esistenza eterna di qualche creatura.
(II, 33) Le ragioni di quanti vogliono dimostrare l’eternità del mondo partendo dalle creature
[n. 1] Le cose che non hanno la potenza a non essere è impossibile che non siano. Ora, fra le creature ce ne sono di quelle che non hanno tale potenza […]. Così per certe creature è impossibile non essere. Dunque è necessario che esse siano da sempre. [n. 2] Se alla negazione di una cosa segue la sua affermazione, bisogna che essa esista sempre. Ora, tale è il tempo: poiché se il tempo non è sempre esistito, c’è un prima in cui va collocata la sua inesistenza; e se non esisterà sempre, ci sarà un dopo posteriore alla sua esistenza. Ora, il prima e il dopo nella durata non possono darsi senza il tempo: poiché il tempo è la misura del prima e del poi. E così bisognerà che il tempo sia esistito prima di cominciare, e continui a esistere dopo essere finito. Quindi bisogna che il tempo sia eterno. Ora, il tempo è un accidente, che non può esistere senza un soggetto. D’altra parte il suo soggetto non è Dio, che è sopra il tempo, essendo del tutto immutabile [cf. I, c. 13]. Rimane quindi che qualche sostanza creata sia eterna.
(II, 34) Le ragioni per provare l’eternità del mondo desunte dalla produzione delle cose
[n. 1] Se una cosa non si trova nel medesimo stato adesso e prima, bisogna che in qualche modo sia mutata, poiché mutare è proprio non trovarsi nel medesimo stato adesso e prima. Ora, ciò che comincia a esistere, prima e dopo non è nel medesimo stato. Quindi bisogna che ciò avvenga per una qualche mutazione. Ma ogni moto o mutazione avviene in qualche soggetto, poiché è «l’atto del mutevole». Siccome poi il moto è prima di ciò che viene fatto col moto, essendo questo il suo termine, a ogni cosa prodotta deve preesistere un soggetto mutevole. E poiché in questo processo non si può risalire all’infinito, bisogna giungere a un primo soggetto che non abbia avuto inizio, ma sia sempre esistito. [n. 2] Tutto ciò che comincia a esistere, prima di esistere era possibile che esistesse; diversamente era impossibile che esistesse, e necessariamente non esisteva; e così sarebbe tuttora un non ente, e mai avrebbe cominciato a esistere. Ma ciò che ha la possibilità di esistere è un «soggetto potenzialmente esistente». Quindi prima che qualsiasi cosa esista deve preesistere un soggetto potenzialmente esistente. E dato che in ciò non si può procedere all’infinito, si deve anteporre un certo primo soggetto che non abbia iniziato a esistere.
(II,35) Soluzione delle ragioni suddette a cominciare da quelle desunte partendo da Dio
[n. 1] Per il fatto che un suo effetto ha inizio non segue che Dio debba subire un mutamento, come vuole la prima argomentazione […], poiché in Dio l’agire si identifica con la sua essenza [cf. c. 9]. [n. 2] Dal fatto che l’agire della prima causa è eterno non segue che il suo effetto debba essere eterno, poiché Dio nel produrre le cose agisce con la volontà [che stabilisce i tempi e i modi]. [n. 3] Certamente il fine della volontà di Dio non può essere che la sua bontà. Egli però non agisce né per produrla, né per incrementarla, e neppure per acquistarla, ma solo perché produce effetti adatti a ricevere una partecipazione del fine.
(II, 36) Soluzione delle argomentazioni desunte dalle cose prodotte
[n. 1] La necessità a essere che si riscontra nelle creature, dalla quale è desunta la prima argomentazione, è una necessità di ordine [cf. c. 30], che non forza il soggetto a essere sempre stato [cf. c. 31]. – [n. 2] Dicendo: prima che esistesse il tempo, non ammettiamo una porzione di tempo reale, come voleva l’argomentazione, ma solo immaginaria.
(II, 37) Soluzione degli argomenti desunti dalla produzione stessa delle cose
[n. 1] Ciò che non esiste in alcun modo non ha un modo di essere tale da poterne dedurre che quando inizia a esistere «non è nel medesimo stato di prima». [n. 2] Non è necessario che l’essere di tutta la realtà creata sia preceduto da una potenza passiva, come concludeva l’altra argomentazione. Ciò è infatti necessario solo per le cose che iniziano mediante il moto [e non è il caso della creazione].
(II, 38) Argomentazioni con cui alcuni tentano di dimostrare che il mondo non è eterno
Dio, che è causa di tutte le cose, deve precederle tutte. – Se il mondo fosse sempre esistito, sarebbero passate infinite cose. Risposta – L’argomentazione non vale per le cose che agiscono in modo istantaneo. – Ci può essere un infinito in fasi successive.