Maldicenza (II-II, 73)

La detrazione o maldicenza

Articolo 1

Se la detrazione sia
«una denigrazione della fama altrui con parole dette di nascosto»

Si può danneggiare il prossimo con le parole in due modi: apertamente con la contumelia, di nascosto con la maldicenza, o detrazione.

Articolo 2

Se la detrazione sia un peccato mortale

La maldicenza di per sé è un peccato mortale.

Tuttavia capita talora che uno dica delle parole che intaccano la fama del prossimo non perché egli lo vuole, ma per altri motivi. E questa non è una detrazione in senso vero e proprio, ma lo è solo materialmente, in modo accidentale.

Uno poi è tenuto alla restituzione della fama, come di qualsiasi cosa rubata.

Articolo 3

Se la detrazione sia il più grave dei peccati contro il prossimo

I peccati che vengono commessi contro il prossimo vanno giudicati di per sé in rapporto al danno che arrecano […]. Perciò la detrazione, per il suo genere, è un peccato più grave del furto; è però meno grave dell’omicidio e dell’adulterio. – L’ordine tuttavia può essere mutato per delle circostanze aggravanti o attenuanti.

Accidentalmente poi la gravità del peccato dipende anche dal soggetto. E sotto questo aspetto i peccati di lingua hanno maggiori attenuanti.

Articolo 4

Se chi ascolta la maldicenza senza reagire pecchi gravemente

Se uno ascolta le detrazioni senza reagire, approva chi le fa, e quindi è partecipe del suo peccato. Se poi si lascia indurre alla maldicenza, oppure ne prova piacere per odio verso la persona che ne è vittima, allora non pecca meno di chi sparla del prossimo: anzi, di più, in certi casi […].

Se invece il peccato dispiace, ma si omette di reagire alla maldicenza per timore, o per negligenza, o per rispetto umano, allora si pecca, però in modo assai meno grave di chi sparla e per lo più venialmente.

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