(III, 122) Per quale ragione la fornicazione semplice secondo la legge divina è un peccato, e il matrimonio [invece] è secondo natura
Alcuni dicono: Supponiamo che esista una donna non maritata, ed emancipata dalla tutela del padre o di qualsiasi altro. Se uno si accoppia con lei con il suo consenso, non fa ingiustizia a lei poiché essa lo vuole e ha potestà sul proprio corpo, e non fa ingiustizia ad altri, poiché non è sotto il dominio di nessuno. E così questa fornicazione semplice [come viene denominata, N. d. R.], sembra che non sia un peccato. Si risponde così. L’emissione volontaria del seme umano è ordinata alla generazione. La generazione a sua volta comporta l’educazione della prole, e questa richiede l’unione [indissolubile] dei due genitori. [Questa è in sostanza la risposta ai due quesiti posti nel titolo, N. d. R.].
(III, 123) Il matrimonio deve essere indissolubile
Se uno che si unisce a una donna nel tempo della giovinezza, quando essa presenta bellezza e fecondità, potesse lasciarla in seguito quando è invecchiata, farebbe un torto alla donna, contro l’equità naturale. – Se il marito potesse abbandonare la moglie, non si avrebbe tra l’uomo e la donna una società tra uguali, ma una schiavitù della donna. L’amicizia, quanto più è grande, tanto più è ferma e duratura. Ora, tra marito e moglie, c’è un’amicizia grandissima, per la comunanza di tutta la vita domestica; e ne è un segno il fatto che il marito per la moglie «lascia anche il padre e la madre», come è detto in Gen 2,24. È quindi giusto che il matrimonio sia del tutto indissolubile. Di qui Mt 5,32 e 19,6; 1Cor 7,10: «Ai coniugati poi ordino, non io ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito».
(III, 124) Il matrimonio deve essere tra un solo uomo e una sola donna
Un’amicizia intensa non si può avere verso molte persone, come spiega il Filosofo [Et 8, c. 6, n. 2]. Se quindi la moglie avesse un unico marito e il marito avesse più mogli, l’amicizia non sarebbe uguale da entrambe le parti. E così non si avrebbe un’amicizia liberale, ma quasi servile. Tra gli uomini, come si è detto [c. prec.], il matrimonio deve essere regolato secondo i buoni costumi. Ora, è contro i buoni costumi che uno abbia più mogli, poiché da ciò segue la discordia domestica, come è provato dall’esperienza. Quindi non è giusto che un uomo abbia più mogli. Da qui Gen 2,24: «Saranno due in una carne sola».
(III, 125) Il matrimonio non va fatto tra congiunti
Nel matrimonio, essendoci l’unione tra persone diverse, è giusto che vengano escluse quelle persone che devono considerarsi già unite per l’identità di origine, poiché, riconoscendo che sono una cosa sola soltanto a motivo del matrimonio, si amino più intensamente. Poiché gli atti matrimoniali presentano una certa naturale indecenza, si deve proibire che li esercitino tra loro quelle persone alle quali è dovuto rispetto per i vincoli di sangue. E questa sembra essere la ragione invocata dall’antica legge, laddove, tra l’altro, si dice [Lv 18,6 ss.]: «Non scoprirai le vergogne di tua sorella»; «Nessuno si unisca con una donna sua consanguinea».
(III, 126) Il rapporto sessuale non è sempre peccato
È secondo ragione che uno abbia un rapporto sessuale come si addice alla generazione e all’educazione della prole. La conservazione della specie non è possibile negli animali se non mediante la generazione, che avviene con il rapporto sessuale. Quindi è impossibile che il rapporto sessuale sia per se stesso cattivo. Di qui 1 Cor 7,28: «Se la donna si sposa, non fa peccato».