(III, 156) Chi perde la grazia con il peccato, può ancora essere risanato dalla grazia
La grazia è una disposizione abituale esistente nell’anima, come abbiamo visto [c. 150]. Ora, gli abiti acquisiti, se vengono perduti, possono essere riacquisiti mediante gli atti che sono serviti ad acquistarli. Quindi, a maggior ragione, mediante l’intervento divino può essere riacquistata la grazia eventualmente perduta. Nell’anima umana, dopo il peccato, rimane la potenza la bene, poiché il peccato non elimina le potenze naturali. Quindi l’uomo, con l’aiuto divino, può tornare al bene per opera della grazia. Di qui Is 1,18: «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve»; Pr 10,12: «La carità copre ogni colpa». Ed è per questo che non invano chiediamo ogni giorno: «Rimetti a noi i nostri debiti».
(III, 157) L’uomo non può essere liberato dal peccato se non per opera della grazia
Con il peccato l’uomo viene distolto dall’ultimo fine. Ora, all’ultimo fine egli non è ordinato se non dalla grazia. Quindi soltanto mediante la grazia può risorgere dal peccato. L’offesa non può essere tolta che dall’amore. Ora, con il peccato mortale l’uomo incorre nell’offesa di Dio […]. Perciò l’uomo non può risorgere dal peccato mortale se non mediante la grazia, che stabilisce una certa amicizia tra Dio e l’uomo.
(III, 158) In che modo l’uomo è liberato dal peccato
È necessario che l’essere umano che risorge dal peccato si penta del peccato commesso e proponga di evitarlo per l’avvenire. L’ordine della giustizia però esige che al peccato venga resa una pena, per cui l’uomo, dopo avere ottenuto con la grazia la remissione del peccato e lo stato di grazia, rimane obbligato a sopportare delle pene per il peccato commesso. Si noti però che quando un’anima si distoglie dal peccato, il dispiacere della colpa può essere così intenso, e così forte l’adesione a Dio, da non lasciare nessuna obbligazione ad altra pena.