Le parti della temperanza in generale
Articolo unico
Se le parti della temperanza siano tutte ben determinate
Due sono le parti integranti della temperanza, cioè la vergogna […] e l’onestà.
Le parti soggettive, ossia le sue specie, sono l’astinenza e la sobrietà, la castità e la pudicizia […].
Tutte le altre virtù poi che comportano una certa moderazione o un freno dell’appetito verso qualcosa possono essere considerate parti della temperanza, come virtù annesse. E ciò può avvenire in tre modi, con la continenza, l’umiltà, la mansuetudine o clemenza. Quanto agli atti esterni c’è il buon ordine, il decoro, l’austerità, la parsimonia, l’economia, la moderazione, la semplicità.
La vergogna
Articolo 1
Se la vergogna sia una virtù
Propriamente la vergogna non è una virtù […]. In senso lato però si denomina virtù tutto ciò che si trova di buono e di lodevole negli atti umani e nelle passioni. E in questo senso si dice talvolta che la vergogna è una virtù.
Articolo 2
Se la vergogna abbia per oggetto le azioni turpi
La vergogna ha per oggetto la turpitudine peccaminosa.
Essa esercita verso la colpa due diverse funzioni.
Articolo 3
Se l’uomo si vergogni soprattutto di fronte ai propri familiari
Ci vergogniamo maggiormente di fronte ai nostri familiari.
Articolo 4
Se anche nelle persone virtuose ci possa essere la vergogna
Sono privi di vergogna i vecchi e le persone virtuose. Tuttavia costoro sono così disposti che, se ci fosse in essi qualcosa di turpe, se ne vergognerebbero.
L’onestà
Articolo 1
Se l’onestà si identifichi con la virtù
A rigore di termini l’onestà e la virtù si riferiscono a un’identica cosa.
Articolo 2
Se l’onesto si identifichi con il bello
L’onestà si identifica con la bellezza spirituale.
Articolo 3
Se l’onesto differisca dall’utile e dal dilettevole
L’onesto può identificarsi in concreto con l’utile e col dilettevole, ma concettualmente se ne distingue […]. Infatti il dilettevole è più esteso dell’utile e dell’onesto.
Articolo 4
Se l’onestà debba essere inclusa fra le parti della temperanza
L’onestà, in quanto è attribuita per un motivo speciale alla temperanza, è una sua parte, ma non una parte soggettiva, e neppure una virtù annessa, bensì una sua parte integrante a modo di condizione necessaria.
L’astinenza
Articolo 1
Se l’astinenza sia una virtù
Il termine astinenza può indicare, primo, la semplice sottrazione del cibo. E in questo senso l’astinenza non indica né una virtù, né un atto virtuoso, ma un atto indifferente. –Secondo, può indicare tale atto in quanto è regolato dalla ragione. E allora l’astinenza può indicare o l’abito o l’atto di una virtù.
Articolo 2
Se l’astinenza sia una virtù speciale
L’astinenza è una virtù speciale.
Il digiuno
Articolo 1
Se il digiuno sia un atto di virtù
Il digiuno è un atto di virtù.
Articolo 2
Se il digiuno sia un atto di astinenza
Il digiuno è un atto di astinenza.
Articolo 3
Se il digiuno sia di precetto
Il digiuno in forma generica viene a essere un precetto della legge naturale. La determinazione invece del tempo e del modo di digiunare secondo l’utilità e la convenienza del popolo cristiano ricade sotto un precetto della legge positiva, stabilita dai prelati della Chiesa. E questo è il digiuno ecclesiastico, mentre l’altro è quello naturale.
Articolo 4
Se tutti siano tenuti ai digiuni della Chiesa
Nell’istituire tali leggi il legislatore tiene presente ciò che avviene ordinariamente e nella maggior parte dei casi. Se però in un caso particolare, per un motivo determinato, capita qualcosa che è incompatibile con l’osservanza della norma stabilita, allora il legislatore non intende obbligare a tale norma. Qui però bisogna distinguere.
Articolo 5
Se i giorni del digiuno ecclesiastico siano ben determinati
I digiuni dovevano essere stabiliti in quei giorni in cui bisognava purificare gli uomini dal peccato ed elevare a Dio le anime dei fedeli con la devozione.
Articolo 6
Se per il digiuno si richieda che si mangi un volta sola
La Chiesa con la sua discrezione ha stabilito che chi digiuna mangi una volta sola.
Articolo 7
Se l’ora nona sia indicata per il pasto di chi digiuna
È giusto fissare il pasto verso l’ora nona.
Articolo 8
Se sia giusto imporre a chi digiuna l’astinenza dalle carni, dalle uova e dai latticini
La Chiesa ha stabilito che nel digiuno ci si astenga soprattutto da questi cibi.
La gola
Articolo 1
Se la gola sia un peccato
La gola è un peccato.
Articolo 2
Se il peccato di gola sia mortale
Se il peccato di gola consiste in un disordine della concupiscenza che distoglie dal fine ultimo, allora è un peccato mortale […]. – Se invece il disordine della concupiscenza nel peccato di gola si limita ai soli mezzi, cioè al fatto che uno brama troppo i piaceri dei cibi, ma non fino al punto di mettersi per questo contro la legge di Dio, allora il peccato di gola è veniale.
Articolo 3
Se la golosità sia il più grave dei peccati
In rapporto alla materia del peccato il peccato di gola non può essere il più grave […]. – Secondo, in rapporto al soggetto che pecca, il peccato di gola è più diminuito che aggravato. – Terzo, in rapporto agli effetti che ne derivano, il vizio della gola ha una certa gravità, quale occasione di altri peccati.
Articolo 4
Se le specie del peccato di gola siano enumerate convenientemente
Esse sono: con lusso, con raffinatezza, eccessivamente, prima del tempo, voracemente. Oppure [Sant’Isidoro], il goloso esagera nel mangiare per «la qualità, la quantità, il modo, il tempo».
Articolo 5
Se la gola sia un vizio capitale
Il vizio della gola, che ha per oggetto i piaceri del tatto, che sono i più intensi, è posto giustamente fra i vizi capitali.
Articolo 6
Se siano ben determinate le cinque figlie della gola
Vanno posti fra le sue figlie quei vizi che derivano dal piacere disordinato del mangiare e del bere […]. Essi sono: l’ottusità della mente nell’intendere, la sciocca allegria, il multiloquio, la scurrilità.
Per quanto riguarda il corpo abbiamo poi l’immondezza.
La sobrietà
Articolo 1
Se la materia propria della sobrietà sia la bevanda
La sobrietà come virtù specifica ha per sua materia le bevande, e precisamente quelle che possono con i loro fumi turbare la mente […]. – Presa invece come virtù generale, la sobrietà si applica a qualsiasi materia.
Articolo 2
Se la sobrietà sia per se stessa una virtù speciale
Le bevande inebrianti turbano con i loro fumi le funzioni cerebrali: per togliere questo impedimento della ragione si richiede una virtù speciale, che è appunto la sobrietà.
Articolo 3
Se l’uso del vino sia del tutto illecito
Bere il vino di per sé non è illecito. Può tuttavia divenirlo indirettamente.
Articolo 4
Se la sobrietà sia maggiormente richiesta nelle persone ragguardevoli
La sobrietà è maggiormente richiesta nei giovani e nelle donne, perché in questi soggetti è più forte la propensione ai vizi e alle concupiscenze che la virtù tiene a freno […].
– Secondo, la sobrietà è più richiesta in certe persone perché più necessaria alle loro funzioni: nei vecchi, nei vescovi e in tutti i ministri della Chiesa, e finalmente nei re.
L’ubriachezza
Articolo 1
Se l’ubriachezza sia un peccato
In quanto menomazione conseguente al molto vino bevuto, che rende privi dell’uso di ragione, l’ubriachezza non è una colpa, ma un castigo che accompagna una colpa.
In quanto atto invece con cui uno cade in tale miseria, esso può causare l’ubriachezza in due maniere. Prima di tutto per l’eccessiva forza del vino, non prevista dal bevitore. E anche in questo caso l’ubriachezza può capitare senza colpa […]. In secondo luogo per la brama e l’uso disordinato del vino. E così l’ubriachezza è un peccato, rientrando nel peccato di gola come una specie nel suo genere.
Articolo 2
Se l’ubriachezza sia un peccato mortale
Se uno ignora che la bevanda è eccessiva e capace di ubriacare, può non esserci il peccato. – Secondo, se uno si accorge che la bevanda è troppa, ma ne ignora il potere inebriante, l’ubriachezza può essere veniale. – Terzo, se uno avverte chiaramente che la bevanda è troppa ed è inebriante, e tuttavia preferisce ubriacarsi piuttosto che astenersi dal bere […], in questo caso l’ubriachezza è un peccato mortale.
Articolo 3
Se l’ubriachezza sia il più grave dei peccati
I peccati che sono direttamente contro Dio sono più gravi del peccato di ubriachezza, che si oppone direttamente al bene della ragione umana.
Articolo 4
Se l’ubriachezza scusi dal peccato
Dal lato della menomazione che ne deriva […], l’ubriachezza porta a scusare il peccato, poiché causa l’involontarietà dovuta all’ignoranza, o incoscienza. – Invece in rapporto all’atto antecedente bisogna distinguere, poiché se da tale atto l’ubriachezza è derivata senza peccato, allora le mancanze successive sono del tutto esenti da colpa […]. Se invece l’atto precedente era colpevole, allora uno non è scusato totalmente dai peccati che ne derivano […]. Tuttavia il peccato successivo risulta diminuito.
La castità
Articolo 1
Se la castità sia una virtù
La castità è una virtù.
Articolo 2
Se la castità sia una virtù speciale
Primo, in senso proprio, la castità è una virtù speciale […].
– Secondo, in senso metaforico, la castità è una virtù generale.
Articolo 3
Se la castità sia una virtù distinta dall’astinenza
La castità, che ha per oggetto i piaceri sessuali, è una virtù distinta dall’astinenza, che riguarda i piaceri del cibo.
Articolo 4
Se la pudicizia riguardi specialmente la castità
La pudicizia è ordinata alla castità non come una virtù da essa distinta, ma come esprimente una certa sua particolare circostanza. Tuttavia in certi casi una viene presa per l’altra.
La verginità
Articolo 1
Se la verginità consista nell’integrità fisica
L’integrità fisica è accidentale nella verginità. L’assenza poi del piacere connesso con l’emissione del seme costituisce la verginità materialmente. Il proposito infine di astenersi per sempre da tale piacere ne è come la forma e il costitutivo.
Articolo 2
Se la verginità sia illecita
La verginità non è qualcosa di peccaminoso, ma anzi di lodevole.
Articolo 3
Se la verginità sia una virtù
La verginità è una virtù speciale, che sta alla castità come la magnificenza alla liberalità.
Articolo 4
Se la verginità sia superiore al matrimonio
La verginità va preferita alla continenza coniugale.
Articolo 5
Se la verginità sia la più grande di tutte le virtù
Nell’ambito della castità, la verginità è la virtù più sublime […]. Però, puramente e semplicemente, la verginità non è la più grande delle virtù.
La lussuria
Articolo 1
Se la materia della lussuria siano soltanto i desideri e i piaceri sessuali
La lussuria si riferisce soprattutto ai piaceri sessuali.
Articolo 2
Se ci possa essere un atto sessuale senza peccato
L’uso della sessualità può essere senza peccato se avviene nel debito modo, come è richiesto dal fine della generazione umana.
Articolo 3
Se la lussuria possa essere un peccato
Senza alcun dubbio la lussuria è un peccato.
Articolo 4
Se la lussuria sia un vizio capitale
La lussuria è un vizio capitale.
Articolo 5
Se siano ben determinate le figlie della lussuria
Le figlie della lussuria sono: l’accecamento della mente, la precipitazione, l’inconsiderazione, l’amore di sé, l’odio di Dio, l’attaccamento alla vita presente, la disperazione della vita futura.
Le specie della lussuria
Articolo 1
Se sia giusto dividere la lussuria in sei specie
Era necessario determinare le specie della lussuria in rapporto alla materia, ossia all’oggetto.
Il peccato contro natura si commette in ogni atto sessuale da cui non può seguire la generazione. Si ha poi la fornicazione semplice, l’incesto, l’adulterio, lo stupro e il rapimento.
Articolo 2
Se la fornicazione semplice sia un peccato mortale
La fornicazione semplice è un peccato mortale.
Articolo 3
Se la fornicazione sia il più grave dei peccati
La fornicazione è un peccato che per la sua specie è più grave dei peccati contro i beni esterni, mentre è meno grave dei peccati che sono direttamente contro Dio e di quelli che sono contro la vita di un uomo già esistente, come ad es. l’omicidio.
Articolo 4
Se i toccamenti e i baci possano costituire un peccato mortale
Il bacio, gli abbracci e i toccamenti non sono peccati mortali di per sé, ma lo divengono se sono compiuti per il piacere libidinoso.
Articolo 5
Se la polluzione notturna sia un peccato
La polluzione notturna non è mai un peccato di per sé, ma talora è la conseguenza di un peccato precedente.
Articolo 6
Se lo stupro debba essere considerato una specie determinata della lussuria
Lo stupro, il quale implica l’illecita deflorazione di vergini soggette alla cura dei genitori, è una specie determinata della lussuria.
Articolo 7
Se il ratto, o rapimento, sia una specie della lussuria distinta dallo stupro
Il rapimento di cui ora parliamo è una specie della lussuria. E talora esso è accompagnato dallo stupro, mentre talvolta c’è solo il rapimento senza lo stupro, e altre volte ancora abbiamo lo stupro senza il rapimento.
Articolo 8
Se l’adulterio sia una specie distinta del peccato di lussuria
L’adulterio è una specie determinata della lussuria.
Articolo 9
Se l’incesto sia una specie distinta della lussuria
L’incesto è una specie determinata della lussuria.
Articolo 10
Se il sacrilegio possa essere una specie della lussuria
Anche la lussuria, nella misura in cui viola qualcosa che riguarda il culto di Dio, costituisce un sacrilegio. E in base a ciò il sacrilegio può essere considerato tra le specie della lussuria.
Articolo 11
Se il vizio contro natura sia una specie della lussuria
In certi peccati di lussuria, oltre al disordine proprio di tali atti, c’è qualcosa che ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell’atto sessuale proprio della specie umana, e questo è detto peccato o vizio contro natura.
Articolo 12
Se il vizio contro natura sia il più grave dei peccati di lussuria
Questo è il peccato più grave in tale materia. – Dopo il quale viene l’incesto […].
Perciò la semplice fornicazione che viene commessa senza fare ingiuria a un’altra persona, è il minore fra i peccati di lussuria. L’adulterio poi è più grave dello stupro, e l’uno e l’altro diventano più gravi per la violenza. Per cui il rapimento di una vergine è più grave dello stupro, e il rapimento di una sposa è più grave dell’adulterio. E tutti questi peccati diventano ancora più gravi se vi è sacrilegio.
La continenza
Articolo 1
Se la continenza sia una virtù
Alcuni per continenza intendono l’astensione da ogni piacere sessuale […]. Se è presa in questo senso, allora la continenza perfetta e principale è la verginità, e in secondo luogo viene la vedovanza […].
Altri invece ritengono che la continenza sia la facoltà di resistere alle cattive concupiscenze che si scatenano con violenza […]. Così intesa la continenza ha un aspetto di virtù […], tuttavia non raggiunge la perfetta natura di una virtù morale […]. Diversamente, prendendo invece il termine virtù nel senso di qualsiasi principio lodevole di attività, possiamo dire che la continenza è una virtù.
Articolo 2
Se la materia della continenza siano le concupiscenze dei piaceri del tatto
La continenza e l’incontinenza riguardano propriamente le concupiscenze dei piaceri del tatto.
Articolo 3
Se la continenza risieda nel concupiscibile
La continenza non risiede nel concupiscibile, poiché sia nel continente che nell’incontinente esso prorompe in concupiscenze violente […]. Perciò è necessario che la continenza risieda in quella facoltà dell’anima a cui appartiene la scelta. E questa è la volontà [cf. sopra II-II, q.13,a.1].
Articolo 4
Se la continenza sia migliore della temperanza
Se il termine continenza implica la cessazione completa di tutti i piaceri sessuali, allora la continenza è superiore alla temperanza nel significato ordinario […]. Se invece indica la resistenza della ragione all’assalto violento delle cattive concupiscenze, allora la temperanza è molto superiore alla continenza, per cui si può dire che la continenza sta alla temperanza come l’imperfetto al perfetto.
L’incontinenza
Articolo 1
Se l’incontinenza riguardi l’anima o il corpo
L’incontinenza appartiene principalmente all’anima.
Articolo 2
Se l’incontinenza sia un peccato
Nel suo significato proprio e assoluto l’incontinenza è un peccato […]. In senso proprio ma non assoluto, come nella ricerca degli onori, anche in questo caso è un peccato.
In una terza accezione, per analogia, se uno è preso totalmente dal desiderio buono, tale incontinenza non è un peccato, ma appartiene alla perfezione della virtù.
Articolo 3
Se l’incontinente pecchi più dell’intemperante
L’intemperante è molto peggiore dell’incontinente.
Articolo 4
Se chi non si contiene nell’ira sia peggiore di chi non si contiene nella concupiscenza
Dal lato della passione, l’incontinenza più vergognosa è quella relativa alla concupiscenza […]. Però in rapporto al male in cui uno cade scostandosi dalla ragione, il non contenersi nell’ira, nella maggior parte dei casi, è più grave, poiché porta a nuocere al prossimo.
La clemenza e la mansuetudine
Articolo 1
Se la clemenza e la mansuetudine si identifichino totalmente
La mansuetudine, frenando l’impeto dell’ira, concorre al medesimo effetto della clemenza. Le due virtù però differiscono tra loro, poiché la clemenza ha il compito di moderare la punizione esterna, mentre la mansuetudine modera la passione dell’ira.
Articolo 2
Se tanto la clemenza quanto la mansuetudine siano delle virtù
Sia la clemenza che la mansuetudine sono virtù.
Articolo 3
Se la clemenza e la mansuetudine siano parti [potenziali] della temperanza
La clemenza e la mansuetudine sono virtù annesse alla temperanza. E in base a ciò vengono poste fra le sue parti [potenziali].
Articolo 4
Se la clemenza e la mansuetudine siano le virtù più eccellenti
Non è possibile che la clemenza e la mansuetudine siano le virtù più importanti in assoluto […].
Tuttavia, in senso relativo, nulla impedisce che la mansuetudine e la clemenza abbiano una certa superiorità tra le virtù che resistono ai sentimenti cattivi.
L’iracondia
Articolo 1
Se possa essere lecito adirarsi
Per la natura stessa della passione il desiderio di vendicarsi può essere buono o cattivo […].
Per l’intensità della passione, nell’ira è possibile riscontrare il peccato […].
Articolo 2
Se l’ira sia un peccato
Se uno desidera che si faccia vendetta secondo l’ordine della ragione, allora l’ira è lodevole […]. – Se invece uno desidera che si faccia vendetta in qualsiasi modo contro l’ordine della ragione […], allora l’ira è peccaminosa.
L’ordine della ragione interessa l’ira anche quanto al modo in cui uno si adira, poiché il divampare dell’ira non deve essere eccessivo. E se non si bada a ciò, l’ira non sarà senza peccato, anche se uno desidera la giusta vendetta.
Articolo 3
Se l’ira sia sempre un peccato mortale
A motivo di ciò che si desidera, per es. una vendetta ingiusta, l’ira nel suo genere è un peccato mortale […]. Tuttavia può darsi che tale desiderio sia un peccato veniale per l’imperfezione dell’atto.
– Secondo, i moti dell’ira possono essere disordinati quanto al modo in cui uno si adira […]. E da questo lato, se uno eccede nell’ardore dell’ira, ciò non è di per sé un peccato mortale, ma può diventarlo.
Articolo 4
Se l’ira sia il più grave dei peccati
Quanto all’oggetto che l’adirato desidera [cioè la giusta vendetta], l’ira è tra i peccati minori. Dalla parte poi del bene sotto il cui aspetto l’adirato desidera il male, assolutamente parlando il peccato di ira è meno grave dei peccati di concupiscenza.
Rispetto però al disordine dovuto al modo in cui ci si adira, l’ira ha un certo primato per la violenza e l’immediatezza dei suoi moti.
Articolo 5
Se le specie dell’ira siano ben determinate dal Filosofo
La suddetta distinzione (acuti, amari, difficili o implacabili), può essere applicata sia alla passione, sia anche allo stesso peccato di ira.
Articolo 6
Se l’ira vada posta tra i vizi capitali
L’ira è un vizio capitale.
Articolo 7
Se siano ben determinate le sei figlie dell’ira
Esse sono: l’indignazione, la tracotanza, il clamore, la bestemmia, l’insulto, le risse.
Articolo 8
Se esista un vizio contrario all’iracondia per difetto di ira
Se col termine ira si intende il semplice moto della volontà con cui si infligge un castigo non per passione, ma per un giudizio della ragione, la mancanza di ira in questo senso è indubbiamente un peccato.
Secondo, se per ira si intende il moto dell’appetito sensitivo che accompagna necessariamente nell’uomo l’atto della volontà, ne viene che la mancanza della passione dell’ira è un vizio: come lo è anche la mancanza del moto della volontà che tende a punire secondo il giudizio della ragione.
La crudeltà
Articolo 1
Se la crudeltà sia il contrario della clemenza
La crudeltà si contrappone direttamente alla clemenza.
Articolo 2
Se la crudeltà si identifichi con la ferocia
La crudeltà differisce dalla ferocia come la cattiveria umana differisce dalla bestialità, secondo Aristotele.
La modestia
Articolo 1
Se la modestia sia una parte potenziale della temperanza
È necessario che ci sia una qualche virtù che imponga la moderazione [anche] nelle altre cose meno appetibili, nelle quali non è così difficile moderarsi. E questa virtù è la modestia, che è annessa alla temperanza come alla virtù principale.
Articolo 2
Se la modestia riguardi soltanto gli atti esterni
La modestia riguarda non solo gli atti esterni, ma anche quelli interni.
L’umiltà
Articolo 1
Se l’umiltà sia una virtù
L’umiltà è una virtù.
Articolo 2
Se l’umiltà riguardi la sfera degli appetiti
L’umiltà tende propriamente a moderare i moti della volontà.
Articolo 3
Se l’uomo per umiltà debba mettersi al disotto di tutti
Ciascun uomo, secondo ciò che gli appartiene, deve mettersi al disotto di qualsiasi altra persona rispetto ai doni di Dio che sono in essa.
L’umiltà però non richiede che uno metta i doni che egli stesso ha ricevuto al disotto dei doni di Dio che scorge in [qualsiasi] altro […]. Quindi, senza pregiudizio per l’umiltà, si possono preferire i doni ricevuti da noi a quelli che ci risultano conferiti ad altri.
Parimenti, l’umiltà non esige che uno metta sé stesso, quanto a ciò che è suo, al disotto di ciò che è umano nel prossimo […].
Tuttavia uno può pensare che nel prossimo c’è del bene che egli non ha, oppure che in se stesso c’è del male che non si trova negli altri: e così può sempre mettersi al disotto del prossimo.
Articolo 4
Se l’umiltà sia tra le parti della modestia, e quindi della temperanza
Fra le altre parti della temperanza, l’umiltà rientra esattamente nella modestia.
Articolo 5
Se l’umiltà sia la più grande delle virtù
Dopo le virtù teologali e le virtù intellettuali che riguardano la ragione stessa, e dopo la giustizia, specialmente legale, la virtù più importante è l’umiltà.
Articolo 6
Se i dodici gradi dell’umiltà posti nella Regola di san Benedetto siano giustificati
Essi sono pienamente giustificati, come cercheremo di spiegare.
La superbia
Articolo 1
Se la superbia sia un peccato
La superbia è un peccato.
Articolo 2
Se la superbia sia un peccato specificamente distinto
Nella sua specie la superbia è un peccato distinto […]. Nella sua ridondanza sugli altri peccati , essa ha una certa universalità: poiché dalla superbia possono derivare tutti i peccati, in due modi, direttamente e indirettamente.
Articolo 3
Se la superbia risieda nell’irascibile
La sede della superbia non è solo l’irascibile in senso proprio, ossia la facoltà dell’appetito sensitivo, ma anche l’irascibile in senso lato, che abbraccia l’appetito intellettivo.
Articolo 4
Se le quattro specie della superbia proposte da san Gregorio siano ben indicate
Esse sono ben indicate, come cercheremo di mostrare.
Articolo 5
Se la superbia sia un peccato mortale
La superbia, secondo il suo genere, è un peccato mortale, però anche nella superbia ci sono dei moti che sono peccati veniali.
Articolo 6
Se la superbia sia il più grave dei peccati
Sotto l’aspetto dell’adesione, la superbia non è il peccato più grave, ma sotto l’aspetto dell’allontanamento da Dio, la superbia, per il suo genere, è il più grave dei peccati.
Articolo 7
Se la superbia sia il primo di tutti i peccati
La superbia ha un carattere di priorità, anzi, è il principio di ogni peccato dal lato dell’allontanamento, che è l’aspetto principale della colpa.
Articolo 8
Se la superbia vada posta fra i vizi capitali
Alcuni, considerando la superbia come un peccato specifico, l’hanno enumerata fra i vizi capitali. San Gregorio, invece, considerando il suo influsso universale su tutti i vizi, non la pone tra i vizi capitali, ma ne fa «la regina e la madre di tutti i vizi».
Il peccato del primo uomo
Articolo 1
Se il peccato del primo uomo sia stato di superbia
Il primo peccato dell’uomo fu di superbia.
Articolo 2
Se la superbia del primo uomo sia consistita nel desiderare la somiglianza con Dio
Desiderò la somiglianza con Dio in maniera peccaminosa […]. Il primo uomo peccò principalmente desiderando la somiglianza nella «conoscenza del bene e del male» […]. Secondariamente poi l’uomo peccò desiderando la somiglianza con Dio nel potere di agire, volendo cioè conseguire la beatitudine in virtù della propria natura.
Articolo 3
Se il peccato dei nostri progenitori sia stato più grave di tutti gli altri
Il peccato del primo uomo nella sua specie non fu più grave di tutti gli altri peccati umani […]. Però secondo la circostanza della persona quel peccato ebbe la massima gravità, data la perfezione dello stato di innocenza. Per cui dobbiamo dire che quel peccato fu più grave sotto un certo aspetto, ma non puramente e semplicemente.
Articolo 4
Se il peccato di Adamo sia stato più grave di quello di Eva
Considerando la condizione della persona, cioè dell’uomo e della donna, risulta più grave il peccato dell’uomo, essendo egli più perfetto.
Rispetto invece al genere del peccato la colpa fu uguale […]. Tuttavia quanto alla specie della superbia il peccato della donna fu più grave, per tre motivi.
Il castigo del primo peccato
Articolo 1
Se la morte sia il castigo del peccato dei nostri progenitori
Come la ribellione della carne allo spirito, così anche la morte e tutte le miserie corporali sono un castigo del peccato dei nostri progenitori.
Articolo 2
Se nella Scrittura siano ben determinati i castighi particolari dei nostri progenitori
I nostri progenitori ebbero due punizioni. Primo, la sottrazione del luogo che si addiceva allo stato di integrità. – Secondo, furono puniti in quanto incorsero in quei difetti che si addicono a una natura destituita del dono dell’integrità.
La tentazione dei nostri progenitori
Articolo 1
Se era conveniente che l’uomo fosse tentato dal demonio
Era ragionevole che da una parte Dio permettesse che nello stato di innocenza l’uomo fosse tentato dagli angeli cattivi, e dall’altra parte lo facesse aiutare dagli angeli buoni.
Articolo 2
Se il modo e l’ordine della prima tentazione siano stati ragionevoli
Il demonio nella tentazione dell’uomo ricorse a due incitamenti, in conformità con la duplice natura dell’uomo.
La studiosità
Articolo 1
Se la materia della studiosità sia propriamente la conoscenza
La studiosità riguarda propriamente la conoscenza.
Articolo 2
Se la studiosità sia una parte [potenziale] della temperanza
La studiosità è una parte potenziale della temperanza, quale virtù annessa alla principale. E rientra nella modestia [cf. q. 160, a.2].
La curiosità
Articolo 1
Se la curiosità possa insinuarsi nella conoscenza intellettiva
La conoscenza della verità è per se stessa buona, e può essere cattiva solo accidentalmente, cioè per qualche sua conseguenza.
Il desiderio o l’impegno invece che conducono alla conoscenza della verità possono essere retti o perversi.
Articolo 2
Se il vizio della curiosità possa insinuarsi nella conoscenza sensitiva
Applicarsi a conoscere le realtà sensibili può essere peccaminoso per due motivi: o perché distraente, o perché orientato al male.
La modestia negli atteggiamenti esterni del corpo
Articolo 1
Se gli atteggiamenti esterni del corpo siano oggetto di qualche virtù
Questi moti sono oggetto di una virtù morale.
Articolo 2
Se il gioco possa essere oggetto di virtù
Il gioco può essere oggetto di una virtù che il Filosofo chiama «eutrapelia» […]. Essa rientra nella modestia.
Articolo 3
Se nel gioco si possa peccare per eccesso
A motivo della natura stessa delle azioni nelle quali si cerca il divertimento, l’eccesso nel gioco può essere un peccato mortale.
Secondo, l’eccesso nel gioco può avvenire perché non si rispettano le debite circostanze: e anche questo eccesso talora può essere un peccato mortale, per la veemenza dell’affetto al gioco […]. Talora invece è un peccato veniale.
Articolo 4
Se nel gioco si possa peccare per difetto
Quelli che rispetto al gioco peccano per difetto sono in colpa, ma peccare per difetto nel gioco è meno grave che peccare per eccesso.
La modestia nell’abbigliamento
Articolo 1
Se l’abbigliamento possa essere oggetto di virtù o di vizio
Il disordine affettivo in questo campo può verificarsi per eccesso in tre modi, e per difetto in due.
Articolo 2
Se gli ornamenti delle donne siano esenti dal peccato mortale
Se una donna sposata si abbellisce per piacere al marito, lo può fare senza peccato. Invece le donne che non hanno marito, e non aspirano ad averlo, o sono in stato di non poterlo avere, non possono desiderare senza peccato di piacere sensualmente agli uomini: poiché ciò è dare ad essi un incentivo a peccare. Se quindi si adornano con l’intenzione di provocare qualcuno alla concupiscenza, peccano mortalmente. Se invece lo fanno per leggerezza, o anche per vanità e ostentazione, non sempre è peccato mortale, ma talora è veniale.